Il chatbot di Bing è una minaccia per il futuro dei giornali

La nuova interfaccia Ai del motore di ricerca sintetizza informazioni prese dagli articoli senza pagare e rischia di allontanare gli utenti dalle testate 
chatbot nuvolette fumetto
MirageC/Getty Images

Due anni fa, durante un'udienza al Congresso degli Stati Uniti il presidente di Microsoft Brad Smith dichiarò che le aziende tecnologiche come la sua non pagavano a sufficienza le società che producono i contenuti giornalistici e contribuiscono ad alimentare i motori di ricerca come Bing e Google.

Ciò di cui stiamo parlando è molto più grande di noidisse all'epoca –. Speriamo che, anche se tra un secolo la gente non userà più gli iPhone, i laptop o qualsiasi altra cosa che abbiamo oggi, il giornalismo sia ancora vivo e vegeto. Perché la nostra democrazia dipende da esso”. Smith aggiunse che le aziende tecnologiche dovevano fare di più e che Microsoft si impegnava a una "sana condivisione dei ricavi" con gli editori, che comprendeva anche le licenze per gli articoli che compaiono sull'app di Microsoft dedicata alle news.

La settimana scorsa tuttavia Microsoft ha iniziato a testare una nuova interfaccia chatbot per Bing, che in alcuni casi può rappresentare un modo per aggirare i paywall dei siti di news, fornendo risposte chiare e scorrevoli che attingono ai contenuti pubblicati originariamente da mezzi di informazione. Dal momento che anche Google e altre società tech stanno lavorando a dei chatbot, la possibilità che questi strumenti sottraggano traffico alle aziende nel settore dei media potrebbe aggiungere una nuova sfumatura al conflitto in corso con le piattaforme tecnologiche per la visualizzazione dei contenuti sui motori di ricerca e sui feed dei social network.

Quando Wired US ha chiesto al chatbot di Bing quali fossero le migliori cucce per cani secondo Wirecutter, il popolare sito di recensioni del New York Times – i cui articoli si trovano dietro un paywall a pagamento – il bot ha rapidamente elencato i tre prodotti migliori indicati dalla pubblicazione, aggiungendo una breve descrizione per ciascuno di essi: "Questa cuccia è accogliente, resistente, facile da lavare e disponibile in varie dimensioni e colori", ha riportato il chatbot per una delle opzioni suggerite.

Le citazioni alla fine della risposta fornita dal bot rimandavano effettivamente alle recensioni di Wirecutter, a cui però era affiancata una serie di siti web che sembravano usare il nome di Wirecutter per attirare le ricerche e guadagnare dai programmi di affiliazione (il New York Times non ha voluto fornire un commento a Wired US).

Il bot di Bing, alimentato dalla tecnologia che sta alla base di ChatGpt, il popolare chatbot sviluppato dalla startup OpenAi, ha poi riassunto in modo chiaro una rubrica del Wall Street Journal sullo stesso ChatGpt, nonostante anche i contenuti del giornale siano generalmente protetti da un paywall (nemmeno News Corp, l'azienda proprietaria del Wall Street Journal, ha voluto fornire un commento per questo articolo).

Contenuti non retribuiti e plagi

La direttrice delle comunicazioni di Microsoft, Caitlin Roulston, ha dichiarato che "Bing cerca solo i contenuti che gli editori ci mettono a disposizione", e che il motore di ricerca ha accesso ai contenuti a pagamento degli editori che hanno stipulato accordi con il servizio di notizie di Microsoft (il programma è antecedente all'integrazione dell'intelligenza artificiale all'interno di Bing).

La nuova interfaccia del motore di ricerca di Microsoft si basa su una tecnologia di OpenAi che ha imparato a generare testi analizzando i modelli statistici delle parole presenti negli articoli, nei forum e in altri testi prelevati dal web e da altre fonti, come i libri.

Non risulta che OpenAi abbia pagato le licenze per l'uso di tutti questi contenuti, come ha fatto invece per le immagini della libreria di foto online Shutterstock, che vengono usate come dati di addestramento per il lavoro della startup sulla generazione di immagini. Microsoft non paga direttamente i creatori di contenuti quando il suo bot riassume i loro articoli, analogamente a come la società e Google di solito non pagano gli editori dei siti web per visualizzare brevi frammenti estrapolati dalle loro pagine nei risultati di ricerca. La nuova e loquace interfaccia di Bing fornisce però risposte più elaborate rispetto a quelle tradizionalmente visualizzate dai motori di ricerca.

Diversi riscontri evidenziano che ChatGpt, che è stato lanciato da OpenAi a novembre, plagi o si limiti a rielaborare leggermente testi prodotti da esseri umani. Alcuni grandi sistemi scolastici pubblici statunitensi, tra cui quello di New York, hanno vietato l'uso del chatbot. Per la sua nuova interfaccia, Bing utilizza un sistema di intelligenza artificiale (Ai) di Microsoft chiamato Prometheus che, secondo l'azienda, si basa su ChatGpt ed è ottimizzato per fornire agli utenti risultati di ricerca più sicuri e tempestivi.

Quando in occasione dell'evento di lancio tenuto da Microsoft la scorsa settimana, è stato chiesto se la nuova funzione di ricerca di Bing fosse in grado plagiare il lavoro degli essere umani, il responsabile marketing per i consumatori dell'azienda Yusuf Mehdi ha dichiarato che Microsoft "tiene molto alla possibilità di incanalare il traffico verso i creatori di contenuti". I link che il chatbot di Bing include alla fine di ogni risposta, ha spiegato Mehdi, hanno lo scopo di "rendere più facile per le persone arrivare su quei siti". Roulston di Microsoft ha rifiutato di condividere informazioni sul numero di tester che hanno effettivamente cliccato sui link forniti dall'interfaccia per visitare la fonte delle informazioni.

Le reazioni dell'editoria

Nel frattempo, gli editori stanno valutando se contrattaccare Microsoft; l'ex alleato che si era schierato al loro fianco al Congresso statunitense per aiutarli a combattere Google ora è in prima linea nella corsa all'integrazione della tecnologia dei chabtot nelle ricerche online.

"A meno che non sia stato stipulato un accordo specifico, le testate giornalistiche non avranno più alcun guadagno. E questo è molto problematico per il nostro settore", afferma Danielle Coffey, vicepresidente esecutivo e consigliere generale di News Media Alliance, un gruppo di categoria che riunisce più di duemila pubblicazioni cartacee e online in tutto il mondo, tra cui il New York Times, il Wall Street Journal e Condé Nast, editore tra gli altri anche di Wired. Alla domanda se i membri dell'associazione abbiano preso in considerazione la possibilità di chiedere a Bing di smettere di utilizzare i loro contenuti nella nuova interfaccia di ricerca, Coffey ha risposto che ci saranno discussioni sull'argomento.

Anche altri gruppi di categoria stanno rivolgendo la loro attenzione sui chatbot di ricerca: "Siamo molto preoccupati per il ruolo che questa tecnologia rivoluzionaria, che ha il potenziale per fare del bene, può avere nella proliferazione esponenziale della disinformazione – dichiara Paul Deegan, presidente e amministratore delegato dell'associazione di News Media Canada –. Il vero giornalismo costa soldi veri, ed è nell'interesse delle piattaforme big tech negoziare accordi equi di licenza dei contenuti con gli editori di notizie".

Google e Microsoft pagano alcuni editori per distribuire i loro contenuti in varie applicazioni, compresi alcuni risultati di ricerca, come richiesto dalla normativa dell'Unione europea. Il portale web Msn di Microsoft rappresenta un grande motore di traffico e vendite di licenze per alcuni editori, mentre Google promuove un programma di licenze chiamato News Showcase, che fornisce articoli a Google News e all'app Discover.

Il nuovo chatbot di Bing – come anche la tecnologia rivale sviluppata da Google, Bard – offre però molto di più dei semplici link o delle brevi anteprime comuni nelle piattaforme tecnologiche. La tecnologia viene presentata come un metodo per utilizzare l'intelligenza artificiale e immergere gli utenti in una conversazione da cui possono ottenere informazioni in modo rapido, fluido e senza dover mai lasciare la casella della chat. Se gli utenti del web passano più tempo con i bot e cliccano meno sui link, gli editori potrebbero essere privati delle vendite di abbonamenti, annunci e affiliazioni.

Quando gli viene chiesto di riassumere articoli specifici, il chatbot di Bing occasionalmente aggiunge al il testo anche un link visibile alla fonte originale, corredato da un'immagine in miniatura, che potrebbe facilitare o invitare i clic degli utenti.

Coffey di News Media Alliance dice di essere fiduciosa sul fatto che Microsoft continuerà a lavorare con gli editori e a riconoscere il valore del loro lavoro. "C'è ancora molto da stabilire per quanto riguarda i pagamenti – afferma –. Questa è una nuova frontiera, in cui vediamo l'opportunità di ricalibrare le partnership esistenti".

Gli aspetti legali relativi all'addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale con dati estratti dal web senza autorizzazione, o degli algoritmi che ripropongono ai consumatori le informazioni che hanno appreso da questi dati, sono ancora poco chiari. L'anno scorso un gruppo di sviluppatori di software anonimi ha denunciato Microsoft e OpenAi sostenendo che il sistema di intelligenza artificiale noto come GitHub Copilot, in grado di scrivere codice informatico, è stato costruito utilizzando indebitamente il loro codice per l'addestramento degli algoritmi di apprendimento automatico. Secondo Coffey, gli editori potrebbero appellarsi alla violazione del copyright nel caso in cui i bot di ricerca soppiantassero la lettura degli articoli.

Nel frattempo, il chatbot di Bing sostiene di non avere problemi di coscienza legati al suo modello di business: "No, non pago per i contenuti – mi dice quando gli chiedo se retribuisce gli editori –. Uso i risultati delle ricerche sul web per fornirvi informazioni pertinenti e utili 😊".

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.